Una tavolozza di colori
Mascolinizzare la propria voce non è mai la scelta giusta. «Si rischia di esacerbare gli animi e di usare la voce nera della rabbia, molto diffusa quando i livelli di stress salgono» spiega Andrea Bordin, formatore e studioso della psicologia della voce a Padova e che ha sviluppato il metodo NeuroVoiceColors. «Questa voce, carica di adrenalina, all’inizio tradisce aggressività, ma poi collassa in un eloquio apatico e privo di ritmo. Una voce che tende all’acuto, invece, crea uno stato di disagio che incide negativamente sugli ascoltatori, incentivando la produzione del cortisolo, l’ormone dello stress. Se invece il suono è piacevole, entrano in circolo dopamina e serotonina, con un equilibrio biochimico molto diverso».
Le “famiglie” delle emozioni
La voce giusta è composta da quattro famiglie di emozioni: «La voce gialla dell’empatia, la verde della calma, blu dell’autorevolezza e rossa della passione» chiarisce Bordin. «La voce blu della leadership ha un volume medio alto, tono basso conclusivo, tempo medio, pause nette e un pizzico di sorriso. Se invece la voce non è coerente con i contenuti viene meno la credibilità, e questo vale ancor di più per le donne, che fanno fatica anche in ambienti non apertamente maschilisti. Una volta acquistata consapevolezza, cambia anche il rapporto con se stesse e si guadagna in autostima, senza rischio di omologazione perché non bisogna lavorare solo sulla tecnica, ma far emergere la spontaneità».
Bisogna lavorare sulla respirazione
«Una voce autorevole incuriosisce, manifesta qualcosa di interessante che vale la pena ascoltare. Urlare è una pessima idea, si crea rumore e si danneggia l’apparato vocale» aggiunge Antonella Astolfi, docente di Voce al Piccolo di Milano e all’Accademia Teatro Dimitri del Canton Ticino. «Può sembrare difficile mettere mano a qualcosa considerato naturale, ma la voce è acquisita e frutto dell’esperienza, può essere scoperta». Ascoltare il respiro ed esercitare l’oralità sono fondamentali. «Bisogna esplorare la specificità del segno linguistico, per dare autorevolezza a ciò che si dice. Una persona che articola male e trascina le parole non viene seguita volentieri, né ascoltata. La trasmissione dal pensiero all’atto articolatorio ha una ricaduta inevitabile nella leadership».
Saper parlare bene è importante, anche sui social
Quest’ultimo aspetto tocca direttamente anche Clubhouse, il social del momento che punta tutto sulla competenza e sulla voce, e i podcast, che hanno fatto credere a molti che bastasse un microfono per creare contenuti di qualità, con risultati spesso disastrosi.
«Consiglio di abbassare leggermente il tono quando si parla, perché le App che si utilizzano tendono a distorcere un po’ la voce. È necessario, inoltre, lavorare sulla variazione dei parametri espressivi e sulla respirazione diaframmatica, che permette di incamerare aria mentre si parla» suggerisce Andrea Bordin.